"Lost in Translation" di Sofia Coppola

La mia recensione per GIORNALE APOLLO
Regia: Sofia Coppola
Cast:: Bill Murray, Scarlett Johansson, Anna Faris, Giovanni Ribisi
Genere: Commedia
102 min
2003
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Sono passati già dieci anni da quando uscì in Italia il secondo film di Sofia Coppola, secondo anche di una trilogia dedicata all’adolescenza, iniziata con “Il Giardino delle Vergini Suicide” del 1997 e terminato nel 2006 con “Marie Antoinette”.
“Lost in Translation” è quello di mezzo e, come spesso capita, quello riuscito meglio. Lungi da noi voler denigrare gli altri due che rimangono due gioielli della cinematografica mondiale, questo film del 2004 ha sicuramente qualcosa in più.
La storia è nota: Bob (un intenso Bill Murray, ingiustamente privato dell’Oscar), attore affermato in declino accetta di girare uno spot in Giappone prima di tutto per denaro, ma soprattutto per “prendere fiato da suo moglie” e in un bar di Tokio incontra Charlotte (una Scarlett Johansson mai più così brava),la giovane sposa di un famoso fotografo sempre troppo occupato dal suo modo per riuscire a capirla. E’ bene subito chiarire che il marito di Charlotte non è un personaggio cattivo, lui ama davvero la moglie, lo si vede dai gesti che fa, è forse troppo vanesio e troppo concentrato su di se, per accorgersi dello smarrimento moglie, la quale cerca soltanto qualcuno che la ascolti.
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Inizia così il luogo dialogo tra lei e Bob, smarriti e persi in una Tokio onirica, magica, frastornata e frastornante, dove il sogno sembra reale e il reale sembra un sogno. E’ amore quello che nasce tra i due? Dipende cosa si intende. Se parliamo di attrazione fisica, sembra che tra i due ce ne sia molto poca, se invece parliamo di attrazione mentale, allora il discorso cambia. Indubbiamente Bob e Charlotte sono molto simili, sono l’uno lo specchio dell’altra. Lui ha sposato la moglie per amore, adora i suoi figli, c’era un tempo, parole sue, in cui “mia moglie ed io ci divertivamo tanto.” E poi cos’è successo? La Coppola non fa sconti né a lui né alla moglie. Lei vuole stare vicino ai figli, non vuole più andare sui set a trovarlo, lui non ha voluto rallentare e preferisce scappare invece di risolvere i problemi. Ed ecco che il matrimonio si è sfaldato. Irrimediabilmente? Non lo sappiamo. Il legame nato con Charlotte, anch’essa in crisi matrimoniale, è sicuramente forte, lei però sta ancora cercando la sua vocazione, si è laureata in filosofia, ha provato a fare foto e ha provato a scrivere, ma “odia quello che scrive”, non una bella cosa per uno scrittore eppure Bob le dice di insistere. Cosa farà Charlotte?
Il film non ci da risposte, ci mostra solo lo smarrimento e l’incontro di due persone alla deriva, bisognose di estraniarsi da tutto e da tutti, cercando qualcosa che le sblocchi. Una commedia agrodolce che riflette sulla condizione umana sempre in bilico: anche se ti sposi per amore le cose possono andare male, però chissà forse esistono degli spiragli. La pellicola della Coppola , chiaramente ispirata allo splendido “Prima dell’Alba” di Richard Linklater, di cui ricalca l’incontro casuale tra due sconosciuti che hanno un bisogno disperato di parlare, ce ne lascia diversi, tramite il potere ipnotizzante della musica (sontuosa la colonna sonora), tramite la visione di vecchia film, tra cui spicca la Dolce Vita di Fellini e tramite i dialoghi sussurrati, a volte anche inudibili e tramite lo sguardo perso di Charlotte, dalla finestra della sua camera, sull’immensa metropoli, che la affascina e minaccia di inghiottirla.
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Abbiamo amato intensamente questo film perché ci lascia dentro ogni volta qualcosa di magico, emozionante, evocativo. Qualcosa di perso, qualcosa di attuale.
L’eterna adolescenza di Bob e Charlotte è anche un po’ nostra.
E’ anche lo specchio di una società che sta ancora cercando la sua via che per fortuna si intravede da qualche parte.
Forse sarà la musica ad indicarcela?
Chissà.
In ogni caso l’incontro onirico eppure reale di Bob e Charlotte è da vedere e rivedere.
Indimenticabile.
“Sai mantenere un segreto? Sto organizzando un’evasione da un carcere. Mi serve, diciamo, un complice. Prima dobbiamo andarcene da questo bar, poi dall’albergo, dalla città e infine dal paese. Ci stai o non ci stai?”
“Il giorno più terrificante della tua vita è quando ti nasce il primo figlio. La tua vita come la conosci, cambia. Non c’è ritorno. Ma poi imparano a parlare, imparano a camminare e all’improvviso diventano le creature più incantevoli che tu abbia mai visto in vita tua.”

★★★★






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